Prima mostra parigina per Maggiore g.a.m.

Il percorso che inaugura il nuovo spazio nella capitale francese concilia la storia della galleria bolognese con il desiderio di unità delle arti caro a Gio Ponti
Stefano Luppi, Il Giornale dell'Arte, Maggio 9, 2024

Maggiore g.a.m., spazio fondato nel 1978 da Franco Calarota, scomparso a 79 anni due anni fa, con la moglie Roberta, ha recentemente aperto, al 208 del boulevard Saint Germain, nel settimo arrondissement, la sua prima sede espositiva permanente a Parigi. La galleria, oggi diretta da Alessia Calarota, in precedenza, aveva nella capitale francese uno studio di consulenza artistica aperto su appuntamento. «Ora, questa attività, spiega Calarota, è trasformata in uno spazio espositivo con apertura al pubblico regolare. Faremo qui due-tre mostre l'anno, a partire dalla presente realizzata in collaborazione con gli Archivi Gio Ponti. Per puro caso la rassegna che curo è in concomitanza con altre mostre in cui è protagonista il grande autore, quella al MIC di Faenza e quella, sempre qui a Parigi, di Yves Saint Laurent legata ai piatti della villa di Caracas di Anala e Armando Planchart, firmata da Ponti stesso e realizzata nel 1953-57». La rassegna che inaugura lo spazio parigino (fino al 31 luglio) si intitola «Gio Ponti. La maison à l'italienne, Giorgio Morandi, Massimo Campigli, Fausto Melotti con Lisa Ponti, e Salvatore Licitra» e riassume, in parte, la storia della galleria dei Calarota da un lato, con alcuni grandi lavori del '900 italiano affiancati a quelli di Gio Ponti (1891-1979), della figlia Lisa (1922-2019) e del nipote Salvatore Licitra, curatore dal 1996 dell'archivio dell'architetto e designer.

 

La curatrice ha citato però Villa Planchart perché l'idea della mostra della Maggiore deriva dalla realizzazione pratica di quanto Ponti scrisse nel primo editoriale per la rivista «Domus», dedicato a «La Casa all'Italiana». Questa avrebbe dovuto riunire in un unico progetto l'architettura, la manifattura, l'artigianato, l'industria e l'arte italiana. Così, lungo il percorso parigino si ammirano le creazioni dei connazionali voluti dal designer proprio all'interno della raccolta d'arte dei Planchart: alcuni Morandi («Morandi rifiuta il presente. Dipinge che non ha epoca», disse Gio Ponti del pittore bolognese), una serie di sculture in ottone e in ceramica, tra cui i rari «Cerchi» degli anni '60 e il bassorilievo «Angelo» del 1954, di Melotti e i «Medaglioni» del 1962 di Campigli, cui si aggiungono esecuzioni su carta dello stesso Ponti e dei due familiari. Alla fine della visita, dunque, riecheggiano nella mente le parole espresse dall'architetto nel suo libro Amate l'architettura. L'architettura è un cristallo: «Si parla di unità delle arti: si vuole che nella architettura concorrano pittura e scultura in una "unità delle arti" (unità intesa come unione: unione intesa come assunto). Difficile ciò avvenga nella generazione dell'opera d'arte, tranne in casi di amicizia ideale fra architetto e pittore: così ideai l'atrio della Facoltà di lettere a Padova per le pareti affrescate da Campigli (Campigli dei pochi che hanno la vocazione per collaborare esattamente con alcuni architetti: è perfetto). Nel passato si attuò questa collaborazione? Si attuò soltanto che l'architettura ospitò la pittura».

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