L'idea di questa mostra, a cura di Alessia Calarota e in collaborazione con Gio Ponti Archives, nasce con la lettura del primo editoriale di Gio Ponti per la rivista Domus nel 1928, dall'emblematico titolo “La Casa all'Italiana”, che riassumeva l'ideale di Ponti di racchiudere in un unico progetto un'architettura italiana, la manifattura e l'artiginato italiano, l'industria italiana e l'arte italiana. E nello stesso numero in un articolo più avanti, precisa: «arte, architettura, design si devono fondere per creare un ambiente che sia in grado di offrire, non tanto il comfort inteso nella sua meccanica applicazione di standard dimensionali, che garantiscano il minimo spazio vitale, quanto invece il conforto necessario a nutrire anche l'anima dell'uomo moderno, così come insegna la tradizione classica italiana». Ed in effetti a leggere le sue parole viene da pensare a una visione dell'esistenza rinascimentale riletta in chiave contemporanea, ma del resto non è forse il Rinascimento un movimento tutto italiano? Forse Gio Ponti vuole suggerirci che quella visione è la strada giusta da perseguire anche nel presente, magari accompagnati dagli autori a lui contemporanei, che in alcuni casi debbono a lui il conseguimento di una fama internazionale. Una realizzazione pratica di questo ideale di “Casa all’Italiana” è Villa Planchart a Caracas, in Venezuela, realizzata da Gio Ponti tra il 1953 - 1957.
Forse Gio Ponti nel 1928 non immaginava che avrebbe realizzato il suo progetto con la creazione e la realizzazione di Villa Planchart a Caracas (1953 – 1957) di Armando e Amala Planchart, illumminati committenti che delegarono a Gio Ponti non solo la creazione dell'edificio architettonico – dove sono visibili i richiami alla Torre Pirelli a cui Ponti stava lavorando in quello stesso periodo a Milano – ma anche la scelta del design d'interni e della collezione di opere d'arte. Ed è proprio dall’architettura pontiana, dal design italiano e dall’arte italiana scelta da Gio Ponti per Villa Planchart che questa mostra parte per presentare gli artisti italiani scelti e con cui Gio Ponti amava lavorare, quasi una summa dell’arte italiana del periodo.
Protagonisti dell’eposizione i 3 italiani inseriti e voluti da Ponti all’interno della collezione di arte dei Planchart: Giorgio Morandi, Fausto Melotti e Massimo Campigli. A completare la mostra nella nostra galleria sono alcune opere su carta di Gio Ponti, Lisa Ponti e Salvatore Licitra.
Se a Villa Planchart dal punto di vista dell'arredo, Ponti coinvolse il meglio della manifattura italiana, con pezzi iconici di design realizzati da Cassina a FontanaArte, da Venini a Richard Ginori, integrandolo con alcune realizzazioni personali in ceramica realizzate con l'ausilio della cooperativa di Imola, è dal punto di vista artistico che Ponti svela la sua grande preparazione nei confronti dell'arte italiana di cui si fa lui stesso promotore nel mondo. Per la collezione di Villa Planchart è come se Ponti smettesse i panni dell'architetto, amante e collezionista di arte, per vestire quelli del curatore, ruolo a cui non era avulso dal momento che a lui si deve anche la scoperta di alcuni grandi talenti, come nel caso di Fausto Melotti, presente con più opere e installazioni proprio all'interno della villa, insieme ai già super affermarti Giorgio Morandi e Massimo Campigli. Proprio con quest'ultimo è noto il grande rapporto di amicizia che porterà lo stesso Campigli, non solo a realizzare un ritratto della famiglia Ponti, ma anche l'unico esempio di integrazione tra arte e architettura realizzato da Gio Ponti. Ed è soprendente come su questo scriva proprio nel 1957, anno in cui finisce la realizzazione di Villa Planchart, iniziata nel 1953, e afferma: «si parla di unità delle arti: si vuole che nella architettura concorrano pittura e scultura in una “unità delle arti” (unità intesa come unione: unione intesa come assunto). Difficile ciò avvenga nella generazione dell'opera d'arte, tranne in casi di amicizia ideale fra architetto e pittore: così ideai l'atrio della Facoltà di lettere a Padova per le pareti affrescate da Campigli (Campigli dei pochi che hanno la vocazione per collaborare esattamente con (alcuni) architetti: è perfetto). Nel passato si attuò questa collaborazione? Si attuò soltanto che l'architettura ospitò la pittura» (Amate l'architettura. L'architettura è un cristallo, società editrice Vitali e Ghianda, Genova 1957). Riferendosi a Campigli, la figlia, Lisa Ponti parla di una “astrazione figurata” da cui lo stesso Gio Ponti era attratto in queste figure di donne vaso/donne triangolari.
Grande anche l'ammirazione per Giorgio Morandi, su cui afferma: «Morandi rifiuta il presente. Dipinge che non ha epoca [...] Pochi pittori si impegnano nel presente, nel dramma del presente: salvano l'arte dal presente impedendole di contaminarsi con esso: se anche sono (Campigli) figurativi, ciò che figurano non è che l'astrazione di una figura» (Amate l'architettura. L'architettura è un cristallo, società editrice Vitali e Ghianda, Genova 1957).
Spesso Ponti invita Roberto Longhi su Domus a scrivere sull’opera di Morandi fin dai primi numeri della rivista e grande è la stima per questo pittore solitario che non smette di ammirare negli anni e che inserirà con le nature morte e i paesaggi nelle varie case in cui gli sarà permesso di realizzare il suo ideale di “casa all’italiana”.
Stretto anche il rapporto con Fausto Melotti, presente in mostra oltre che con una serie di iconiche sculture in ottone (tutti pezzi unici), anche con una serie di opere in ceramica tra cui i rari “Cerchi” (degli anni 60) e un bassorilievo “Angelo” del 1954 e quindi coevo a Villa Planchart, opere entrambe che richiamano le creazioni site specific realizzate da Melotti per la villa venezuelana. Una presenza in mostra di opere così prestigiosa, si deve al rapporto diretto tra la Fondazione Melotti e la Galleria d’Arte Maggiore gam, oggi uno dei suoi canali ufficiali. Gio Ponti è stato il grande talent scout di Melotti che lo invita a lavorare da Richard Ginori e che visto il suo talento lo chiama in più occasioni a collaborare con le sue opere realizzate proprio ad hoc per le varie architetture da lui progettate.