Nella società contemporanea con le tendenze della moda, la popolarità degli sportivi professionisti e l'esplosione dei social media che espongono in continuazione la nostra immagine, sempre più attenzione è data al corpo non solo come strumento estetico con cui presentarsi al mondo, ma anche come luogo dell'anima di cui prendersi cura sia mentalmente e spiritualmente - dalla psicologia alle religioni e filosofie zen - sia fisicamente con l'attenzione ad esempio allo sport e alla nutrizione. Il dibattito è in corso: dalla liberazione del corpo, soprattutto femminile, alla sfida ai pregiudizi della società che ribalta i canoni estetici standardizzati considerando tutti ugualmente belli e degni nella loro diversità - e qui entriamo nel campo della body positivity - fino agli ultimi sviluppi che sotto il comune denominatore di body neutrality spingono a riconsiderare il corpo solo come strumento nelle interazioni con gli altri e con il mondo. E' in queste tematiche di grande attualità che la mostra The Body Shape: la forma del corpo. Da Giorgio de Chirico ad Allen Jones, da Paul Delvaux a Louise Nevelson si inserisce per riflettere attraverso l'arte sulle rappresentazioni che il corpo ha assunto nelle mani degli artisti che - a seconda del loro stile o della loro poetica - modellano, distorcono, rendono statuario, sezionano, trasformano o ironizzano.
In mostra sono presenti 16 opere tra dipinti e sculture che attraversano tutto il XX secolo: da uno storico Pablo Picasso del 1904 ai risvolti più contemporanei della Pop Art britannica, rappresentata da Allen Jones, di recente inserito in una grande mostra dedicata a Christian Louboutin, famoso designer di scarpe. Tra gli highlights delle opere incluse, particolare attenzione merita un Gino Severini del 1912 "La danza dell'orso" studio dell'omonimo dipinto nella collezione permanente del Centre Pompidou dove la scomposizione cubista del corpo dell'orso che danza insieme a una ballerina è intensificata dalla riproduzione futurista del movimento dei piedi. Altro punto fermo del Novecento il manichino metafisico di De Chirico che insieme al tema dei Gladiatori - uno dei più famosi del suo repertorio, sviluppato dal Maestro sull'onda del film "Quo vadis?" del 1913 - si pongono come iconici punti all'interno della riflessione, come anche nel caso delle surreali donne di Paul Delvaux, che ispirate dalla statuaria greco - romana diventano nella loro pietrificazione, la firma della sua arte così come accade alle figure dalle forme etrusche di Massimo Campigli. Ai dipinti di qualità museale fa da contraltare una selezione di sculture che solo per citarne alcune vedono la presenza di una serie di opere in gesso, terracotta e ceramica realizzate da Louise Nevelson e presentate in Italia per la prima volta da Franco e Roberta Calarota, fondatori di Maggiore g.a.m., nella mostra da loro curata al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza nel 1997 e da allora raramente esposte, fino alla meditativa e minimale figura di Cardinale seduto di Giacomo Manzù. Non mancano anche le distorsioni contemporanee degli umanoidi di Mattia Moreni - di cui la galleria ha curato l'edizione del catalogo generale ad opera del grande Enrico Crispolti - o le figure cellulari di Matta che chiudono il percorso espositivo insieme alle imponenti silhouette di Sandro Chia.
Con questa mostra Maggiore g.a.m. mette l'arte in dialogo con una delle tematiche più attuali per farne emergere tutta la sua contemporaneità. E per inserirsi ancora di più nel dibattito odierno, la realizzazione di un talk aperto al pubblico, che si terrà nel mese di settembre/ottobre a cui prenderanno parte personaggi del mondo dello sport, della moda, della nutrizione. Perché l'arte, quando è tale, racconta anche i grandi temi di vita delle persone e si cala nella loro realtà.