Il confronto tra una parte della produzione di Joseph Beuys rivela sorprendenti analogie con una parte della produzione di Giorgio Morandi, protagonista della sua opera al pari della pittura.
La mostra Joseph Beuys - Giorgio Morandi: Imaginary dialogue - curata da Alessia Calarota - analizza, sotto una nuova luce, parte della produzione artistica di due personalità di spicco dell'arte moderna e contemporanea che, a sorpesa, nascondono una grande sinergia, nonostante gli oltre trenta anni di differenza di età, di caratteri, di luoghi. Schivo, ma mai isolato, e quasi ascetico nel suo rigore Morandi (nato nel 1890) tanto quanto immerso nella vita sociale e politica Beuys (nato nel 1921), che rappresenta se stesso come un moderno sciamano, i due sembrano a prima vista condividere solo una passione bucolica per la natura, che Morandi frequenta nei suoi lunghi soggiorni sull'Appennino tosco-emiliano, nel piccolo paese di Grizzana, dove disegna e costruisce la sua casa il cui solo lusso consiste nelle grandi e numerose finestre dello studio, puntate come obiettivi sul paesaggio esterno che non si stanca di riprodurre in formato astratto nelle sue opere; mentre Beuys ha un risvolto quasi panico nel suo fondersi con la natura e nell'utilizzo che ne fa, all'interno delle sue performance e di tutta la sua opera. Quasi due profeti, capaci di percorrere, ognuno a suo modo un cammino solitario nell'arte, ma che in entrambi i casi, è destinato a lasciare una forte impronta nella storia e non solo a causa della loro attività di professori all'Accademia di Belle Arti, ognuno della sua città, rispettivamente: Bologna e Düsseldorf.
Morandi sceglie oggetti umili e banali, come vasi e bottiglie, o soggetti che tutti conosciamo - paesaggi, fiori, conchiglie - così come Beuys prende di proposito materiali poveri e banali - feltro e grasso - o materiali presenti nella vita di tutti i giorni come il rame, a protagonista delle proprie opere. Al di là delle enormi differenze di linguaggio - là dove Morandi dipinge, Beuys fa performance o crea sculture e installazioni - c'è un punto in cui l'affinità si infittisce.
Scrive Cesare Brandi: «Vi sono pittori per cui l'incisione rappresenta una via secondaria e quasi di campagna, un modo di prendersi le vacanze dalla pittura: altri per cui l'incisione diviene il fulcro stesso della forma pittorica [...] è fra questi che si schiera anche Morandi. Fin dalle sue prime incisioni - un paesaggio del 1913 lo attesta - pittura e incisione si prospettano con gli stessi problemi di stile con un eguale drastico rigore; e si deve intendere che né pittura, né incisione divengono perciò succedanee l'una all'altra»1. Anzi, alla Biennale di San Paolo in Brasile, Morandi vincerà il primo premio proprio per l'incisione. Ma di questa stessa schiera è anche Beuys, che eleva le edizioni a canale preferenziale della sua arte perché come lui stesso racconta all'interno del catalogo edito da Schellmann: «Sono interessato alla diffusione di mezzi fisici in forma di edizioni perchè sono interessato a diffondere idee. Gli oggetti sono comprensibili solo in relazione alle mie idee. Il lavoro che faccio da un punto di vista politico ha un effetto diverso sulle persone di quello che avrebbe se i mezzi di espressione fossero parole scritte proprio perchè un tale oggetto esiste». Arte, vita, attivismo politico per la perturbazione dell'ordine sociale prestabilito, - che, secondo Beuys, è raggiungibile attraverso l'espressione individuale della creatività insita in ogni essere umano - sono connessi tra loro. Questa è la via per la quale arriva Beuys, mentre per Morandi la ricerca è più legata alla forma: «come la pittura è formata sul trasguardo di un colore che tende a darsi il meno possibile in proprio, ossia nella risonanza tutta fisica e terrena del timbro, l'incisione è spinta invece oltre la scacchiera del bianco e nero [...] ora le stanghette nitide dei tratti, rincorrendosi come fili di pioggia, addensano o diradano la luce emanata dal fondo, e il pannetto dei rincroci filtra lo spessore di un vetro, accende i riflessi, suscita le ombre leggere che si posano, fugaci come di una nuvola che passa, sulle forme appena accennate degli oggetti». L'acquaforte è infatti per Morandi pura ricerca della luce, qui espressa in piena potenza attraverso un tratto che si fa di volta in volta più fitto o più rado fino a diventare assente. Se l'acquaforte permette a Morandi di esprimere il potere accecante della luce, con un mezzo con cui in pittura non sarebbe possibile, Beuys lavora con materiali grigi anomali come il feltro e se gli si chiede perché, è lui stesso a dichiarare l'intenzione di voler evocare un mondo colorato - come nel caso del fenomeno dei colori complementari in cui se si fissa il rosso e si chiudono gli occhi, appare il verde - ma precisa che il suo obiettivo è quello di creare una contro-immagine con l'aiuto di questo elemento e che si tratta quindi: «di evocare un mondo lucido, un chiaro, forse persino trascendentale, mondo spirituale, attraverso qualcosa che sembra abbastanza differente, attraverso una contro-immagine. Perché non si può creare una immagine successiva o una contro-immagine facendo qualcosa che esiste già [...] quindi è sbagliato dire che sono interessato al grigio [...] io sono interessato a quel processo che conduce al di là di queste cose». Allo stesso modo l'acquaforte per Morandi è - nelle già citate parole di Cesare Brandi - «spinta oltre la scacchiera del bianco e nero a valersi di colori sottintesi, piegando il tratteggio non solo a esprimere il chiaro scuro o le ombre, ma a suggerire gradazioni di intensità cromatica e fino la diversità nel timbro [...] L'intesità dei bianchi puri denuda altrove una luce talmente aperta e meridiana, che di colpo negli oggetti ammassati, torreggianti contro un fondo tenebroso, si gradua una diversità incredibile di bruni e di ocre, fortemente pigmentate. Sembra quasi che quei colori, attraverso il tratteggio, si declinino a volta a volta nella densità corposa delle terre» ed è proprio lo studio sull'acquaforte che si innesta anche sulla pittura con cui esiste una tale reciprocità che «nelle riprese di tratteggio delle acqueforti si può vedere l'equivalente del sovrapporsi delle pennellate, perfino dove il bianco della carta affiora puro, sia a indicazione di colore locale, sia a raffigurare un'incidenza luminosa, il suo valore di zona cromatica, redenta da una stretta virtù chiaroscurale, dichiara senza possibilità di dubbio la sua discendenza pittorica [...] Morandi fu portato a trasferire nella pittura a olio la stessa riduzione del mezzo cromatico a due tonalità». L'uso del tratteggio eseguito da Morandi per regalare una "contro-immagine" alla Beuys che sia di luce, così come la ricerca del calore nel moderno sciamano tedesco, sono alla base del percorso espositivo che permette un confronto ravvicinato. L'indagine parte dalle acqueforti di Morandi, per proseguire ai suoi disegni e agli acquarelli fino ad arrivare a una importante Natura Morta su tela dove la riduzione del mezzo cromatico a due tonalità si attua in tutta la sua potenza - diventando pietra miliare all'interno della stessa produzione morandiana - per poi tornare alle acqueforti che sono messe a diretto confronto con una delle edizioni più iconiche all'interno della produzione di Beuys e che non a caso è custodita anche all'interno delle collezioni permanenti di alcuni musei come la Tate di Londra o il MoMA di New York. Nella scelta da parte di Beuys di produrre opere in multipli è implicita la loro funzione di vettori che facilitano la propagazione di messaggi, così come l'ideologia di un'arte "democratica", disponibile e fruibile a quante più persone possibili. L'opera 2 Shafskopfe (2 teste di pecora)che esiste in quanto esemplare unico nella collezione della Tate di Londra, funge da modello per la realizzazione di 90 esemplari originali ciascuno dei quali realizzato a mano tra il 1961 e il 1975 e uno di questi "Painting Version 69" fa parte della collezione della Galleria d'Arte Maggiore g.a.m.. L'olio su carta è forato al centro; sulla pittura sono visibili due forme i cui contorni suggeriscono le teste di due pecore, impresse sul grigio dell'olio con del grasso animale. La scelta dell'ovino non è sorprendente, data la consistente quantità di opere di Beuys in cui appaiono animali. Ad esempio, Come spiegare la pittura a una lepre morta, ma anche l'Aktion I like America and America likes me (1974, Galleria Renè Block di New York), in cui Beuys si fa chiudere in una gabbia assieme a un coyote: l'uomo si avvolge attorno un grande pezzo di feltro, a protezione; con pochi strumenti a disposizione, passa tre giorni a contatto con l'animale, cercando di conquistarne la fiducia. La scelta della pecora non è casuale anche nel suo significato spirituale, dove è usata come simbolo biblico del popolo di Dio, da lui guidato come pastore. Concludendo con le sue stesse parole: «Ripetendo la stessa cosa, qualcosa è evocato in una sorta di processo di contraccolpo», come nel caso del concetto di calore evocato in tutta la sua produzione per cui sottolinea: «Non ho mai inteso un calore fisico, se avessi voluto un calore fisico avrei usato un raggio a infrarossi nelle mie performance. In realtà intendo un tipo di calore totalmente differente, chiamiamolo un calore spirituale o evoluzionario o al principio dell'evoluzione [...] quindi il calore come processo evoluzionario». Luce e calore, un immaginario dialogo tra due protagonisti della storia dell'arte attraverso una tecnica non secondaria, ma protagonista della loro opera, anche se riprodotta in edizioni.