La Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. presenta l'opera di Fausto Melotti accompagnando una selezione di importanti opere scultoree dell'artista ad un ricco corpus di lavori su carta, per immergersi in un percorso caratterizzato da quella coerenza concettuale ed esecutiva che fa di Melotti un maestro dell'astrazione e dell'organizzazione armonica dello spazio.
L’arte di Melotti rinnega la condizione materiale delle immagini e fa emergere figure che vivono come proiezioni mentali che prendono in prestito quel poco di materia per vivere come sorta di disegni spaziali: ecco che il segno grafico tracciato sul foglio trova il suo equivalente nelle fibre metalliche, nelle piccole reti in ottone e nei brani di stoffe che costituiscono l’espressione matura dell’artista. Fortemente connessa alla sua produzione scultorea, la pratica del foglio costituisce in Melotti il nucleo propulsore della prima stagione della sua ricerca durante gli anni Trenta, che riemerge, approfondita e ampliata, negli anni della sua maturità. A raccontarci la tendenza di Melotti a volersi esprimere tramite la scultura, sono presenti in mostra i suoi primi e rari disegni su carta, quelli eseguiti tra fine anni Dieci e Venti del secolo passato, in cui il desiderio di materializzare forme nello spazio si rifà al linguaggio postmetafisico di Carrà e agli spazi teatrali di De Chirico. Sono brani in cui emerge quel “senso stilante e perfetto delle apparizioni plastiche che caratterizzano la sua opera; quell'aura postmetafisica sospesa e straniata nel tempo e nello spazio; il dipanarsi d'una figuratività fantasiosa […] e filtratissima, in cui schegge di geometria astratta e di decorazione, di biomorfismo e di narratività, si intrecciano in pari responsabilità formale, in un mondo rappresentativo altro” (Flaminio Gualdoni). I contrappunti plastici di tali configurazioni grafiche si ritrovano tradotte nello spazio nell'interessante repertorio di sculture che la Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. presenta per questa occasione; opere in cui le qualità aeree dell'espressione più iconica dell'arte melottiana vengono celebrate in filamenti di una materia che si carica di potenti risonanze espressive proprio in virtù di una sua estrema ed armonica riduzione (Catenelle, 1959-60; La vacca lunatica, 1961; L'abbraccio, 1961).
La mostra si sviluppa seguendo il percorso segnato dall'esplorazione che Melotti conduce su tracce visive sospese tra aria e materia: dagli anni dell'esordio si prosegue agli anni Cinquanta per arrivare fino agli anni Settanta e Ottanta, quando la ricerca dell'artista si concentra su sperimentazioni scultoreee di aria metafisica (I magnifici sette, 1973; Solomé, 1978; Zefiro torna e il bel tempo rimena..., 1979), che arrivano a toccare tematiche connesse alla profonda ispirazione musicale dell'artista (Canone variato III, 1972; Contrappunto piano, 1973): una raccolta di opere che danno forma e rendono tangibili una molteplicità di sfumature narrative, mitiche e favolistiche.