La Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. offre al pubblico l'occasione di riscoprire la multiforme produzione di Vasco Bendini, artista instancabile nel perpetuare con i mezzi espressivi più diversificati, una ricerca espressiva eclettica, ma sempre alimentata dalla volontà di approfondire la dimensione conoscitiva del proprio essere. Bendini è un anticipatore di tendenze, precursore dell'Informale e iniziatore dell'Arte Povera (di cui fanno parte Alberto Burri, Jannis Kounnelis, Pino Pascali, Giovanni Anselmo, Giuliano Paolini, ecc.). La mostra tramite una selezione di opere che parte dagli anni Cinquanta, il periodo Informale, passando per gli anni Sessanta dell'Arte Povera, segue l'evolversi della ricerca di Bendini che arriva a lambire l'arte performativa per non fermarsi davanti alla sfida della polimatericità nelle decadi successive.
Vasco Bendini (Bologna 1922 - Roma 2015) è il protagonista di un percorso artistico che lo vede sovente come precursore. È un itinerario non lineare, che cela la sua segreta coerenza al di sotto del livello di una immediata percettività, andando di volta in volta ad indagare la presenza di immagini che si rivelano attraverso un instancabile e pioneristico rinnovamento di tecniche e linguaggi.
Tra il 1941 ed il 1942 Vasco Bendini frequenta l'Accademia di Belle Arti della sua città natale, dove ha per maestri Giorgio Morandi e Virgilio Guidi. È dalla loro lezione che l'artista muove i primi passi nella direzione di una pittura Metafisica, ma l'elemento figurativo si sfalderà in senso astratto già dal 1948, sotto la corrosività di un gesto irruento che si accompagnerà presto ad una matericità capace di indagare, nella molteplicità delle sue forme, il potere rivelatore della luce.
La progressione verso uno sfaldamento dell'immagine insegue le suggestioni suggerite dalla lettura delle teorie della moderna fisica quantistica secondo le quali la nostra percezione della realtà sottoforma di materia non è altro che una traccia illusoria di composti mobili, fatti di onde e particelle. La progressiva disgregazione formale che si rileva nelle opere di Bendini si fa portavoce di questa riflessione: a partire dal 1950 i cromatismi diventano liquidi, la pittura si espande nebulosa, guidando lo spettatore verso la presenza di corpi sempre più smaterializzati e fluttuanti fino a sfociare, tra il 1958 ed il 1959, verso quella temperie dell'Informale italiano di cui Bendini rappresenta uno dei maestri. Dell'immagine scompare la possibilità di una sua lettura diretta, ma insita entro il linguaggio visivo dell'artista, è la presenza costante di una figurazione flagrante, eppure tutta da svelare. Le opere presentate in mostra coprono un arco che va dal 1958 al 1970: alcune di esse sono rappresentati significative della sua fase Informale, altre introducono invece il discorso oggettuale di inizio anni Sessanta, quando l'instancabile ricerca dell'autore comincia a dimostrare una certa sensibilità nella precoce determinazione di quei linguaggi successivamente definiti come Arte Povera di cui Bendini si rivela ancora una volta come anticipatore. Spinta dall'urgenza di una ricerca identitaria, l'arte di Bendini conoscerà infatti i vocabolari e le tecniche più svariate. Accompagnato dalla penna di critici illustri quali Argan, Barilli, Arcangeli e Calvesi, l'artista ottiene nel 1964 una sala personale alla 32. La Biennale di Venezia, cui ne seguirà una alla 36. La Biennale di Venezia (1972). È del 1968 la sua prima antologica, ad inaugurare un'attività intensa che si protrarrà fino al 2015, l'anno della fine di una lunga carriera dedicata ad una ricerca sempre volta a sondare in profondità l'inafferabile entità della propria essenza.
Presentando opere realizzate tra 1958 e il 1970, questa mostra offre la possibilità di conoscere da vicino l'evoluzione artistica di uno dei grandi precursori dell'arte più di avanguardia.