Sull'onda delle grandi mostre museali internazionali dedicate alla Pop Art nelle principale capitali europee, la
Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. prosegue il suo approfondimento sulla più amata arte americana. Dopo i numeri record di visitatori registrati per la mostra di Andy Warhol è ora la volta di Robert Indiana, creatore lui stesso di quelle opere d'arte iconiche entrate a pieno titolo a fare parte della vita di ognuno di noi e del linguaggio quotidiano dei media e delle persone. Tra le opere esposte nella mostra, a cura di Franco e Roberta Calarota e promossa dalla figlia Alessia, non poteva mancare la famosa scultura LOVE presentata in diverse varianti, insieme ad alcuni dei lavori più importanti come AMOR e ONE THROUGH ZERO, l'artistica serie dei numeri.
E' attraverso queste opere che Indiana, partendo dall'identità americana, esplora la cultura occidentale dei giorni nostri
nelle sue varie sfaccettature di linguaggio attraverso il potere dell'astrazione.
Audace, iconica, apparentemente immediata, quella di Indiana è un'opera dall'indubbia efficacia e potenza visiva che colpisce istantaneamente l'occhio e la mente dello spettatore. Autoproclamatosi “pittore americano dei segni”, Indiana fonda le sue opere su un vasto ed originale repertorio di immagini, in cui predominano brevissime, ma efficaci parole: LOVE o AMOR, composte da lettere cubitali, e serie di numeri. Dapprima concepiti come dipinti, i suoi lavori si sono poi trasformati in opere scultoree, anche monumentali, che paiono elevarsi a totem della civiltà contemporanea: le “poesie scultoree”. Un panorama figurativo costituito da simboli, marchi e numeri della società consumistica, che l'artista interpreta con estrema esuberanza attraverso l'uso di colori accesi e brillanti investiti di una forte valenza espressiva, che spingono la sua arte e il suo linguaggio ai limiti del contenuto visivo.
In mostra grande attenzione è dedicata a LOVE, la scultura diventata non solo il simbolo del lavoro dell'artista, ma un'icona dei giorni nostri (nata nel 1964 su commissione del MoMA per una cartolina di auguri natalizi, è stata poi trasformata nel francobollo ufficiale statunitense, prima di diventare la scultorea scritta tridimensionale in alluminio policromo). Alla sua opera più riconoscibile fa da contraltare AMOR che, con la medesima tipografia a coppie di lettere sovrapposte, suddivide il vocabolo italiano in due parole inglesi d'uso quotidiano: AM e OR, arricchendone il significato: “I AM”, “Io sono”, poetica dichiarazione dell'essere (to be), seguita dal ragionevole dubbio umano “OR”, “oppure...”, che richiama alla memoria la fatidica questione shakespeariana, “essere o non essere”. Ma un ruolo altrettanto emblematico riveste ONE THROUGH ZERO, i dieci numeri (da zero a nove) non allestiti in ordine crescente, ma disposti dall'artista secondo un'organizzazione sempre mutevole che, in base alla combinazione e all'accostamento, genera interpretazioni differenti. Cifre significative, ricche di riferimenti relativi sia alla personale esperienza dell'artista (come ad esempio gli edifici in cui ha vissuto o i percorsi autostradali che ha attraversato), sia al ciclo della vita stessa: il numero 1 per indicare la nascita che attraverso l'adolescenza, la maturità, arriva alla morte rappresentata dal numero 0 in una ciclicità continua. Lo stesso Indiana ha dichiarato come l'interesse e la fascinazione per i numeri sia nato durante la sua infanzia e fosse dovuto al continuo peregrinare di casa in casa, tipico della società statunitense: “quando ho compiuto diciassette anni avevo abitato già in ventun case diverse”. L'incredibile serie di numeri è stata recentemente prestata per la mostra "Proportio" di Palazzo Fortuny, con il quale la Galleria d'Arte Maggiore G.A.M. ha da anni il piacere di collaborare, durante la 56. Esposizione internazionale d'Arte della Biennale di Venezia.
Lo spirito autenticamente Pop di Robert Indiana trasforma l'ordinario in opere d'arte partendo da universali parole o simbolici numeri: Pop come attaccamento al quotidiano, come rifiuto di sistemi chiusi, come apertura alla fruizione delle masse. Se oggi si osserva questo movimento in prospettiva, è innegabile l'eredità lasciata in custodia a numerosi successori contemporanei che fanno della parola scritta l'elemento centrale delle proprie opere.