La mostra alla Galleria d'Arte Maggiore g.a.m., a cura di Flaminio Gualdoni, ripercorre il lavoro di Zoran Music attraverso un ricco e consistente gruppo di quaranta opere, esempi significativi degli svariati cicli pittorici che hanno reso Mušič un artista riconosciuto a livello internazionale: dai Paesaggi dalmati a quelli senesi, dalle vedute veneziane agli Interni di cattedrali, dai ritratti all'orrore dei campi di concentramento affrontato nella famosa serie
«Nous ne sommes pas les derniers» degli anni Settanta. Le opere coprono un arco cronologico di quasi cinquant'anni, dagli anni Quaranta fino alle creazione degli anni Novanta, restituendo un ritratto completo ed interessante di una ricerca artistica ancora oggi attuale.
Conosciuto in tutto il mondo ed interprete di una vicenda umana e professionale unica, la Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. di Bologna è lieta di dedicare una retrospettiva completa sull'arte di Zoran Mušič (Boccavizza 1909-Venezia 2005), coprendo un arco cronologico che va dal 1945 al 1999 in cui appaiono tutti i temi principali della sua arte. Il percorso espositivo inizia con la serie dei Paesaggi Dalmata, tema distintivo dell'opera del pittore, ben rappresentato in mostra da cinque opere dal 1945 al 1966. Tra pennellate delicate e colorate, emergono animali fluttuanti, ipnotici, che evocano un luogo senza tempo e rompono il silenzio ovattato di un paesaggio che trascende la morfologia per divenire emotivo. Opere di questa serie sono presenti nelle collezioni permanenti di famosi musei tra cui il Centre George Pompidou di Parigi e il Museum of Modern Art (MoMA) di New York. La mostra prosegue poi, con il famoso ciclo Nous ne sommes pas les derniers degli anni Settanta, la serie dedicata al periodo di prigionia nel campo di concentramento di Dachau in Germania, dove Music fu deportato nel 1944 dai Nazisti. Di quella tragica esperienza Music stesso ricorda: «ho imparato a vedere le cose in un altro modo. Anche nella pittura più tardi non è che sia cambiato tutto. Non è che per reazione agli orrori abbia riscoperto la felice infanzia. I cavallini, i paesaggi dalmati, le donne dalmate c'erano anche prima. Ma dopo ho potuto vedere tutto altrimenti. Dopo le visioni di cadaveri, spogli di tutti i requisiti esterni, di tutto il superfluo, privi di maschera dell'ipocrisia, delle distinzioni di cui si ricoprono gli uomini e la società, credo di aver scoperto la verità, di aver capito la verità: la terribile e tragica verità che mi è stato dato di toccare. I paesaggi dalmati sono ritornati, hanno perso tutto quello che era di troppo e di pettegolo. Si sono aggiunti i paesaggi senesi: cadaveri spogli, martorizzati dalle intemperie. Mi ci voleva, per la pittura almeno, questa grande lezione». Il linguaggio pittorico di Music cambia considerevolmente dopo tale tragica esperienza: i toni si fanno più scuri ed essenziali, dalle tele si percepisce a fondo il dolore e le atrocità patite dai deportati. I dipinti di questo ciclo fanno il giro del mondo e sono oggi presenti nelle collezioni del Metropolitan Museum di New York, Museo dell'Olocausto a Gerusalemme, Museo Hirshhorn di Washington D.C. e Tate Modern di Londra. Dopo la liberazione Music si trasferisce a Venezia dove sposa Ida Barbarigo, ritratta in due opere del 1982 in una sala della galleria. È il momento del ritorno alla libertà, delle numerevoli partecipazioni a La Biennale di Venezia. In questa fase Music lavora sul paesaggio e sui temi cari, come Les femmes des iles (1955), Les filets (1956) a cui si aggiungono il già citato Paesaggio senese (1953), il Paysage italien (1974) e gli scarnificati Paesaggi rocciosi della fine degli anni Settanta. Nell'ampia ed interessante rassegna in galleria, non mancano le diverse evoluzioni dell'arte di Music, che influenzato dall'informale, negli anni Sessanta, abbandona i canoni della tridimensionalità a favore del motivo organico (Paesaggio dalmata 1958 e Paesaggio dalmata 1962). Presente fin dagli esordi, anche l'amata Venezia è protagonista della sua arte, come testimoniano gli innumerevoli dipinti raffiguranti il Canale della Giudecca, La dogana (1981) ed un raro Interno di cattedrale (1984), temi trattati fin dagli anni Quaranta, ma opportunamente approfonditi in questi anni. Tutta la vita di Music confluisce nelle sue opere, luoghi e momenti che l'artista continua a rievocare costantemente fino all'ultima serie degli Autoritratti, intrapresa dal 1987, in cui ad essere indagata per la prima volta è la propria figura. Un modo, forse, per siglare definitivamente l'intera sua produzione. Zoran Music si spegne a Venezia il 25 maggio 2005, ma la sua ricerca artistica risulta ancora attuale.