La mostra dedicata a Louise Nevelson tenutasi nel 1997 presso il Museo delle Ceramiche di Faenza offre un'opportunità straordinaria di immergersi nell'affascinante percorso artistico di questa celebre artista. Attraverso una selezione accurata di opere, che abbracciano un periodo cruciale della sua carriera artistica compreso tra i 33 e i 52 anni, la mostra ci guida attraverso un viaggio affascinante nel mondo dell'arte dell'artista.
La metodologia del "gambero", comunemente adottata nell'analisi dei primi lavori di artisti che successivamente raggiungono la fama, si rivela qui inadeguata per comprendere appieno la complessità e l'originalità delle opere di Nevelson. Le terrecotte presentate, seppur realizzate in un periodo precedente ai suoi ben noti assemblaggi di elementi lignei, si distinguono nettamente per la loro potenza espressiva e la coerenza stilistica, suggerendo già un mondo artistico forte e maturo.
Nei suoi lavori giovanili, Nevelson mostra una straordinaria capacità di sintesi e una profonda comprensione del materiale ceramico come mezzo espressivo.
Le sculture presentate, caratterizzate da volumetrie potenti e una sintesi zoomorfa suggestiva, rivelano un'artista ancora "europea" nelle influenze e nell'approccio artistico, ma già in grado di esprimere un linguaggio artistico originale e distintivo.
Il nero, utilizzato in modo significativo nelle opere esposte, assume un ruolo simbolico importante, rappresentando non solo una condizione attuale di lutto, ma anche una sostanza ancestrale che rimanda alla femminilità primordiale. Nevelson sfida le convenzioni artistiche del suo tempo attraverso una dialettica tra massa e segno, lasciando emergere figure e volti con una purezza decisiva all'interno di blocchi compatti e immanenti.
L'influenza del cubismo emerge chiaramente nelle opere di Nevelson, caratterizzate da masse compatte e una struttura che richiama le essenzializzazioni degli avanguardisti del secondo decennio del secolo. Tuttavia, la sua arte resta permeata da drammi e tensioni profonde, riflettendo un'estetica crepuscolare e carica di oscuri presagi, anche quando innestata dalle fascinazioni mesoamericane.