Zoran Mušič (Boccavizza 1909-Venezia 2005) è stato interprete di una vicenda umana e pittorica unica, che ha elevato la sua arte alla fama internazionale. Conosciuto anche con il soprannome di pittore dei cavallini, per via di un suo ricorrente soggetto, Mušič nasce in un piccolo paese vicino a Gorizia, da genitori sloveni. Dopo gli studi a Zagabria, intraprende numerosi viaggi a Parigi, Vienna, Praga, Ginevra e soprattutto in Spagna dove, a Madrid, è colpito dalle opere di Velazequez, El Greco e di Goya, tanto da definire quest'ultimo come «colui che ha aperto la strada alla pittura moderna». Tra il 1941 e il 1942 espone prima a Zagabria poi a Lubiana e nel 1943 a Venezia. Ma la vita gli riserva una svolta decisiva. Sospettato di essere una spia, nell'ottobre del 1944 viene arrestato a Trieste e condannato dai Nazisti che lo deportano nel campo di concentramento di Dachau, in Germania. Qui resterà in prigionia fino alla Liberazione del 1945 ed eseguirà una serie di disegni legati alla tragica vita in internamento, all'Olocausto e alle sue conseguenze. Di quel tragico periodo Mušič ricorda: «non c'è più spazio per la logica [...] Agisco come un sonnambulo, come uno schiavo, un automa, accettando questo irreale teatro, questa assurdità totale, come una cosa oramai inevitabile [...] comincio timidamente a disegnare. Forse così mi salvo. Nel pericolo avrò forse una ragione di resistere. Prima provo, di nascosto nel cassetto del mio tornio. Cose viste strada facendo verso la fabbrica: carro bestiame aperto, cascano fuori i morti [...] qualche sopravvissuto impazzito che urla, con gli occhi fuori dalla testa [...] disegno come in trans, mi attacco morbosamente a questi fogli di carta [...] ero come accecato dall'allucinante grandosità di questi campi di cadaveri. Visti da lontano mi sembravano come le chiazze di neve bianca, argentea sulle montagne [...] disegnando mi aggrappavo a mille particolari. Quanta tragica eleganza in questi fragili corpi [...] le ossa coperte di una pelle bianca, quasi celestina. Quanto zelo per non tradire queste sottili forme, di arrivare a renderle preziose come le vedevo, ridotte all'essenziale. Ero come in una morsa di uno stato febbrile, con irrestibile necessità di disegnare per non farmi sfuggire questa grandiosa e tragica bellezza». Da questi schizzi, molti dei quali poi acquistati dal Kunstmuseum di Basilea, nascerà un ciclo tematico eseguito a partire dagli anni '70: Nous ne sommes pas les derniers, che conferma il successo internazionale dell'arte di Mušič con le esposizioni alla Haus der Kunst di Monaco ed al Palais des Beaux-Arts a Bruxelles (1971), al Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris (1972) con la prima mostra dedicata ad un artista vivente, e alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia (1974). Opere di questo ciclo entreranno nelle collezioni permanenti di alcuni importanti musei, tra cui: The Metropolitan Museum di New York, il Museo dell'Olocausto a Gerusalemme, il Museo Hirshhorn di Washington D.C. e la Tate Modern di Londra. Un consenso nato fin dall'esordio, quando protagonista sono i cicli dedicati ai Paesaggi Dalmati, ai Paesaggi senesi e veneti, richiami alle terre a lui care, che si trasformano con le sue delicate e colorate pennellate in paesaggi emotivi. Tornato libero, Mušič si reca a Lubiana, a Gorizia ed infine si stabilisce a Venezia e a partire dal 1948 partecipa a più edizioni de La Biennale di Venezia, dove vince anche il Gran Premio per la grafica (1956). E sempre a proposito di riconoscimenti, va ricordato ilPrix de Paris (1951) che gli fu assegnato a Cortina d'Ampezzo su consiglio di Massimo Campigli e Gino Severini, in ex- equo con Antonio Corpora. Durante gli anni '50 trascorre diversi periodi a Parigi e partecipa al Salon de Mai del 1955 dove nota: «quanto è difficile nuotare in questo universo della pittura astratta [...] facevo parte di una galleria dove ero l'unico fuori strada». Rientrato in Italia la Quadriennale di Roma gli dedica una personale (1956), ma influenzato dall'astrazione lirica informale, durante gli anni '60 Mušič abbandona nelle sue composizioni i canoni della tridimensionalità per volgersi verso motivi organici. Le sue opere fanno il giro d'Europa: da Madrid a Stoccolma e gli vengono affidate le prime commisioni tra cui il mosaico eseguito a Ravenna tra il 1972 e il 1973 per il cortile dell'hotel Hilton di Monaco. Tra il 1976 e il 1980 inizia un ciclo di Paesaggi rocciosi, eseguiti tra la foresta di Fontainebleu e le Dolomiti, dove Mušič propone come sempre una geologia emotiva che impone non "il visto" ma "l'avvertito", come scrive Flaminio Gualdoni. Nel 1979 è presente alla III Biennale di Sydney e nel 1981 fu insignito del titolo Commandeur des Arts et des Lettres a Parigi. Gli anni '80 vedono anche un prepotente ritorno delle vedute veneziane con le serie dedicate al Canale della Giudecca, La Dogana e dal 1984 il ciclo degli Interni di cattedrali. Al tema veneziano si affiancano nuove serie: i ritratti della moglie Ida Cadorin - Barbarigo, figlia del suo mentore Guido Cadorin, e gli stranianti Autoritratti. Nel 1995, ancora in vita, Parigi gli dedica una grande retrospettiva al Grand Palais comprensiva di 261 opere. Nel 2009, ad un secolo dalla nascita di Mušič, la Moderna Galerija di Lubijana celebra la riapertura con una grande mostra di oltre 140 dipinti; mentre nel 2016 la Galleria Nazionale della Slovenia ha inaugurato nelle sue sale una mostra retrospettiva permanente.
L'opera di Mušič è oggi presente nelle collezioni permanenti di numerosi musei internazionali, oltre a quelli già citati: The Metropolitan Museum di New York, Museum of Modern Art (MoMA) di New York, al Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris, Museo d'arte Moderna di Bologna (MAMBO), Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, Centre Georges Pompidou di Parigi, Bayerische Staasgemaldesammlungen di Monaco, Museo d'Arte Moderna - Ca' Pesaro di Venezia, Vancouver Art Gallery, Musée de la Ville Moderne di Le Havre, Folkwang Museum di Essen, Moderna Galerja di Zagabria, Museo de Arte Moderno di Città del Messico, Nasjonalgalleriet di Oslo, Stedelijk Museum di Amsterdam.
I suoi lavori sono stati inoltre protagonisti di mostre collettive e personali, oltre a quelle gia citate, ricordiamo: Kunstmuseum di Basilea (1964), Moderna Galerija, Lubjana (1966), Museo Español de Arte Contemporaneo, Madrid (1972), Palazzo dei Diamanti, Ferrara (1978), Galleria dell'Accademia, Venezia (1980), Centre Pompidou, Parigi (1988), Palazzo Reale, Milano (1992), Museo Morandi, Bologna (1998).
La Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. nella storica sede di Bologna ha realizzato, nel 2017, una retrospettiva completa sull'opera di Zoran Mušič. Per l'occasione sono state presentate 40 opere, datate dal 1945 al 1999, che permettono una visione approfondita sull'arte di Mušič, attraverso i cicli principali presenti nei musei del mondo e le tematiche care all'artista, restituendo un ritratto completo ed interessante di una ricerca artistica ancora oggi attuale. In quell'occasione fu pubblicato il catalogo della mostra: Flaminio Gualdoni, Zoran Mušič, Galleria d'Arte Maggiore g.a.m., Silvana Editoriale, 2017.