«Raggiunta la fama a meno di trent'anni, Renato Guttuso è tra i protagonisti della cultura italiana animando in prima persona per mezzo secolo il dibattito sull'arte nel nostro Paese. Un compito difficile che ha affrontato con rispetto e diffidenza, come confida in un'intervista ad Alberto Moravia: "Ho sempre provato un certo pudore. O anche una sensazione più triste, di pre- morte. Vedere la mia faccia sulle copertine, nelle edicole dei giornali".
Un pittore, un comunista, un uomo di cultura, un critico di altri artisti, un neorealista della tela alla pari di quello che sono stati Pier Paolo Pasolini per la pagina o Vittorio De Sica per lo schermo, solo per citare due dei grandi protagonisti di quegli anni. Guttuso accettava ogni ruolo, ogni definizione, perché per lui l'essenziale era immergersi nella vita per prendere coscienza della propria esistenza e quindi delle cose stesse, degli avvenimenti, delle relazioni umane. "Vivere è partecipazione, dipingere è partecipare. Cercare la bellezza significa cercare la libertà. Perciò credo che l'arte sia anche, di necessità, politica (non ideologia), coscienza (non falsa coscienza), comunicazione, continuo rapporto di dare e avere". Perché tutto quello che questo amante della vita ha sempre voluto è che lo spettatore si ponesse davanti alla sua opera senza preconcetti a osservare la sua pittura, ad ascoltare questa "lingua parlata", per "pensare secondo pittura".
I risvolti ideologici cui può essere o meno associato sono nella mente di chi guarda, perché in realtà nella sua arte quello che conta è la visione globale che nasce dal particolare, la conoscenza, l'idea, l'emozione che arriva dalla forma estetica delle cose, degli eventi narrati. "Il tema per me è sempre un'occasione per dire più cose di quanto la cosa stessa rappresentata voglia dire"; e ancora: "si dice che nella mia pittura è sempre forte e vivo il sentimento dell'apparire. È possibile. In quasi tutto ciò che ho dipinto sono passato dall'evento narrativo, di cronaca, al significato allegorico". Quelle scene di vita, quegli accadimenti, così come le forme e gli oggetti rappresentati, sono solo un veicolo attraverso cui "le idee ci raggiungono e ci commuovono". Senza calcare la mano, ma osservando il mondo che ci circonda e attuando una vitale presa di coscienza estetica delle forme che già in se stesse hanno una ragione d'essere, un loro significato preesistente, perché "il pittore ha idee, ma non dipinge idee: il pittore dipinge solo le cose. E solo dal modo come le ha dipinte possono scaturire idee".
Con pennellate vivaci sulla tela quella forma familiare diventa altro da sé fino a svelare la sua essenza, la sua energia vitale, rimasta nascosta nel momento vissuto, trova una sua ragione d'essere nello spazio del dipinto legandosi agli altri elementi e dando la vita ai significati, facendo venire alla luce un'emozione. "Tuttavia ciò non implica alcuna operazione intellettuale vo- lontaria: la metafora sgorga da una intenzionalità elementare, da una descrittività dei sentimenti", perché "la storia dell'arte non si fa con le idee, ma con i frutti delle idee". E infatti forte nella sua pittura, a prescindere dal soggetto, è la presenza della dualità tra vita e morte. Due antagonisti che non esisterebbero l'uno senza l'altro e che sono a fondamento della vitalità delle sue tele, delle sue pennellate dai colori vivaci. La sua arte celebra la vita, vedendone la sua inevitabile transitorietà e vi ci si attacca. E la vita nella sua opera vince sulla morte, anche in tempi di crisi: "contrariamente a quanto può apparire, il fatto che siano crollati i dogmi e che non esistano più certezze prestabilite, consente di guardare le cose, e di viverle, e di esprimerle, o intenderle, il più possibile e ciascuno con le sue forze, come esse sono". Per poi indicare una soluzione alla crisi e ai problemi in "una azione della cultura al livello di progetto, di programmazione, di governo e non di semplice consulenza", Come ricorda in un saggio Jacques Maritain, infatti, la responsabilità degli artisti è grande "poiché l'artista, facendo percorrere la via della catarsi estetica, è chiamato a formare una coscienza critica, avvalorata eticamente e fondata spiritualmente"". Ed ecco allora gli incontri con i protagonisti della scena culturale del XX secolo a discutere di arte e politica nei caffè romani, che fossero Aragno, Greco o Castellino", la conoscenza di Picasso nel sud della Francia, l'ammirazione per de Chirico, le scorribande per il mercato della Vucciria, i comizi in piazza, le feste mondane, gli avvenimenti politici, una vita vissuta per davvero e da usare come pretesto sulla tela per raccontare una storia più grande, universale e ancora attuale. Della vitalità, della passionalità che emerge in ogni figura, dell'energia nel reclamare un ruolo primario all'arte, dell'ottimismo, della fiducia in una possibile soluzione, di Renato Guttuso abbiamo oggi più che mai ancora bisogno. Anche oggi la sua opera continua a proporre un dialogo con lo spettatore e, come detto all'inizio, ci invita a "pensare con la pittura"».
- Alessia Calarota, Renato Guttuso amante della vita, in Renato Guttuso. Il realismo e l'attualità dell'immagine, catalogo della mostra, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2013